Autolesionismo: perché inizia e come fermarlo

Autolesionismo: perché inizia e come fermarlo

Maurizio Rabuffi - mar 23 gen - tecniche psicologiche , milano , cologno monzese , ipnosi , mindfulness , schema terapy , edmr

Le definizione di autolesionismo

Il DSM-5 definisce l’autolesionismo non suicidario come l’insieme di quei comportamenti volontariamente messi in atto nei confronti del proprio corpo, per provocarsi del dolore fisico senza il desiderio deliberato di togliersi la vita. Questi comportamenti includono ad esempio il tagliarsi con oggetti affilati come lamette o coltelli, infliggersi bruciature con sigarette o oggetti roventi. La condotta autolesiva per essere tale, deve essere preceduta dall’aspettativa di ottenere sollievo da una difficoltà interpersonale o da un disagio emotivo e/o cognitivo precedente il comportamento autolesivo.

L’autolesionismo è un fenomeno diffuso tra gli adolescenti che può successivamente permanere anche nella prima età adulta. Una maggiore gravità dei comportamenti autolesivi in adolescenza (maggiore frequenza e utilizzo di metodi diversi), è associata a una maggiore persistenza del comportamento nella prima età adulta.

L’incidenza di tale fenomeno in adolescenza oscilla tra il 15 e il 20% e l’esordio si aggira tra i 13 e i 14 anni. Recenti ricerche mostrano che comportamenti autolesivi si manifestino anche in ragazzi più giovani. In adolescenza, l’autolesionismo è associato a depressione, disturbi della condotta, ansia, stress, abuso di sostanze, isolamento sociale, relazioni familiari disfunzionali e basso rendimento scolastico.

Anche se il comportamento di autolesionismo non ha come obiettivo quello di togliersi la vita, la letteratura evidenza come le condotte autolesive siano un fattore predittivo di suicidio: con il passare del tempo le persone si desensibilizzano al dolore fisico e aumenta così la capacità di metterlo in atto.

Perché la persona adotta comportamenti di autolesionismo?

Possiamo considerare l’autolesionismo come una strategia di coping disfunzionale messa in atto per focalizzare la propria attenzione sul dolore fisico. La motivazione è generalmente il bisogno di uscire da uno stato percepito di profonda sofferenza emotiva e di vuoto che risulta intollerabile per la persona. Il comportamento autolesionistico sposta l’attenzione della persona dal dolore emotivo a quello fisico che viene vissuto come più tollerabile. Il dolore fisico allenta la tensione e allontana le esperienze emotive intollerabili favorendo in questo modo l’instaurarsi di un circolo vizioso che mantiene rinforzandolo il comportamento. Nel tempo però, queste continue automutilazioni producono nuove esperienze negative per la vergogna e il senso di colpa conseguenti all’aver messo in atto i comportamenti.

A volte, l’autolesionismo rappresenta una modalità attraverso cui ricercare attenzione e comunicare agli altri il proprio disagio o una forma di auto-punizione indotta dalla presenza di autocritica e senso di colpa.

I fattori che aumentano il rischio di autolesionismo

Come si interrompe l’autolesionismo?

La persistenza nel tempo del comportamento di autolesionismo è associata a elevati livelli di stress emotivo e insoddisfazione per la propria vita. Le abilità di regolazione emotiva sono un fattore importante per l’interruzione dei comportamenti di autolesionismo.

Per intervenire sulle condotte autolesive è importante avviare un percorso di psicoterapia che da un lato contribuisca alla capacita della persona di saper regolare le proprie emozioni, dall’altro intervenga sull’immagine di Sé che alimenta il dolore emotivo e cognitivo. Tra le strategie terapeutiche più efficaci per ridurre la disregolazione emotiva troviamo l’Ipnosi, la Mindfulness e la Terapia Dialettico Comportamentale (DBT). Per quanto invece attiene il cambiamento strutturale dell’immagine di Sé, risultati molto positivi si possono ottenere attraverso la Schema Therapy, la Terapia Metacognitiva Interpersonale e l’EMDR.

Maggiori informazioni per fermare
i comportamenti autolesionistici

Maurizio Rabuffi, Psicologo - Psicoterapeuta specialista in Ipnosi e in Mindfulness a Milano e Cologno Monzese

Psicologo - Psicoterapeuta competente a Milano e Cologno Monzese in Ipnosi, Mindfulness, Schema Therapy e EDMR per supportare i propri pazienti ed intervenire sulle condotte autolesive.

Maurizio Rabuffi, Psicologo - Psicoterapeuta di Milano è un consulente professionista che aiuta i propri pazienti a riconoscere e a curare i comportamenti autolesionistici attraverso l'Ipnosi, la Mindfulness, la Schema Therapy e l'EDMR. Grazie all'intervento da lui offerto nei suoi studi, alla conoscenza e all'esperienza maturata, le persone potranno regolare le proprie emozioni. Lo Psicologo - Psicoterapeuta di Milano è iscritto all'Albo degli Psicologi della Lombardia (Sezione A, nr. 18441). Nel corso degli studi ha approfondito gli aspetti teorici e metodologici della Programmazione Neuro-Linguistica (PNL), dello Psicodramma Moreniano, della Mindfulness, dell'Ipnosi Ericksoniana, dell'Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR), della Schema Therapy, dell'Ipnosi Regressiva, della Psicoterapia Sensomotoria e della Psicologia Aumentata.


Può essere contattato per un trattamento di Ipnosi, Mindfulness, Schema Therapy e EDMR per valutare e intervenire sulle condotte autolesive al numero 3479013916 oppure via mail scrivendo a info@rabuffi.it.

Riceve nei sui studi di Milano e Cologno Monzese:

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