
Il silenzio punitivo: cos'è, cosa nasconde e come affrontarlo
Maurizio Rabuffi - gio 26 giu - milano , cologno monzese , ansia , rabbia , psicoterapia , coppia
Il silenzio punitivo (in inglese silent treatment) è una forma di comunicazione passivo-aggressiva che può causare profonde ferite emotive, anche se non lascia segni visibili. È una strategia relazionale in cui una persona smette intenzionalmente di parlare, rispondere o riconoscere l’altra, spesso per punirla, esercitare potere o manipolarla emotivamente.
Il silenzio punitivo non va confuso con il prendersi uno spazio per calmarsi: ha l’intento di ferire, controllare o far soffrire e si manifesta quando qualcuno:
- interrompe ogni forma di comunicazione;
- ignora deliberatamente l’altra persona;
- rifiuta di spiegare il motivo del distacco;
- usa il silenzio per far sentire l’altro in colpa o in difetto.
Il silenzio punitivo è una forma di abuso emotivo e psicologico. Quando viene usato con frequenza o per periodi prolungati, può portare a conseguenze profonde che si manifestano attraverso:
- ansia, senso di abbandono;
- calo dell’autostima;
- confusione mentale (gaslighting implicito);
- dipendenza emotiva.
Perché alcune persone usano il silenzio come arma?
Ci sono diverse ragioni dietro questo comportamento. Tra queste possiamo trovare:
- evitamento del conflitto: alcuni lo usano per non affrontare una discussione;
- controllo e potere: per far sentire l’altro in colpa o sottomesso;
- incapacità di esprimere le emozioni: chi non sa gestire rabbia o dolore può chiudersi nel silenzio;
- meccanismo appreso: in alcuni casi, è un comportamento appreso in famiglia.
Essere vittima del silenzio punitivo può portare a sentirsi:
- invisibile: come se non si esistesse;
- confuso/a: ci si chiede cosa si è fatto di sbagliato;
- desideroso/a di riconciliazione, anche a scapito della propria dignità;
- emotivamente destabilizzato/a, come in una montagna russa.
Come affrontare il silenzio punitivo?
Affrontare il silenzio punitivo è difficile, soprattutto perché si tratta di una forma di manipolazione silenziosa che porta spesso a sentirsi colpevoli, confusi e impotenti. È però importante imparare a gestirlo e per questo occorre:
- riconoscere che è un comportamento tossico: il silenzio usato come punizione, per far soffrire o controllare, non è mai giustificabile. Non è “dare spazio”, non è “stare calmi”: è una forma passivo-aggressiva di controllo. Solo riconoscendolo per ciò che è, si può smettere di sentirsi colpevoli;
- chiedersi se il silenzio è episodico oppure un pattern ricorrente: se il silenzio succede una volta in un momento di forte tensione, si può gestire e risolvere. Se invece è una tecnica usata regolarmente allora si tratta di abuso emotivo e occorre intervenire;
- comunicare con chiarezza stabilendo un limite: esplicitare assertivamente quello che sta succedendo e stabilire un confine, ad esempio, dicendo “noto che non stai più parlando con me e mi stai evitando. Se hai bisogno di tempo, lo rispetto, ma non posso restare in questa situazione ambigua e punitiva a tempo indeterminato. Prenditi il tempo che ti serve e quando sarai pronto a parlare nuovamente con me io ci sarò. Rispetto come ti puoi sentire ma il silenzio mi fa male e dobbiamo trovare una soluzione alternativa per gestire i nostri conflitti”;
- non rincorre chi punisce attraverso il silenzio: è normale voler “sistemare le cose”, ma se la persona continua a mantenere il silenzio non bisogna implorare attenzioni o elemosinare spiegazioni; più la si insegue e più si legittima il suo comportamento;
- lavorare sulla propria autostima: chi subisce a lungo il silenzio emotivo spesso perde fiducia in sé e inizia a credere di “meritarlo”. Non è vero: nessuno merita di non essere considerato. In ogni comunicazione sana è necessario che ci siano chiarezza, rispetto e presenza;
- valutare un supporto psicologico: un percorso di supporto psicologico e/o di psicoterapia può aiutare a rafforzare i confini, distinguere l’amore dal controllo e uscire da dinamiche tossiche. È importante ricordare sempre che l’amore vero non punisce con il silenzio e non umilia. Se ci si trova in una relazione in cui regolarmente si è ignorati o puniti con il silenzio, è tempo di valutare seriamente la salute di quel legame.
In sintesi
Il silenzio punitivo non è una pausa utile per riflettere, ma una forma sottile e spesso invisibile di controllo emotivo ed esercizio del potere. Riconoscerlo, nominarlo e imparare a gestirlo è il primo passo verso relazioni più sane, rispettose e autentiche.
Maggiori informazioni sul silenzio punitivo.
Maurizio Rabuffi, Psicologo - Psicoterapeuta a Milano e Cologno Monzese
Psicologo - Psicoterapeuta a Milano e Cologno esperto in comportamenti tossici.
Maurizio Rabuffi, Psicologo - Psicoterapeuta di Milano è un consulente professionista che aiuta i pazienti a riconoscere e uscire da dinamiche tossiche. Grazie all'intervento da lui offerto nei suoi studi, alla conoscenza e all'esperienza maturata, i pazienti potranno imparare a gestire il silenzio punitivo. Lo Psicologo - Psicoterapeuta di Milano è iscritto all'Albo degli Psicologi della Lombardia (Sezione A, nr. 18441). Nel corso degli studi ha approfondito gli aspetti teorici e metodologici della Programmazione Neuro-Linguistica (PNL), dello Psicodramma Moreniano, della Mindfulness, dell'Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR), della Schema Therapy, dell'Emotionally Focused Couples Therapy, dell'Ipnosi Ericksoniana, dell'Ipnosi Regressiva, della Psicoterapia Sensomotoria e della Psicologia Aumentata.
Può essere contattato per un percorso di psicoterapia al numero 3479013916 oppure via mail scrivendo a info@rabuffi.it.
Riceve nei sui studi di Milano e Cologno Monzese:
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